Poggio al Tesoro - 10 Years / 2002 - 2012

50 Atto II / Poggio al Tesoro, la natura e gli elementi 51 Atto II / Poggio al Tesoro, la natura e gli elementi Cercheremo ora di descrivere e spiegare questi suoli in funzione della loro origine ma anche dell’uso che ne fa la viticoltura. Lo faremo cercando il più possibile di usare un linguaggio semplice e comprensibile, evitando i tecnicismi dei geologi, che sono bravissimi a descrivere le cose in modo che le capiscano solo loro. Qualche volta potrà fare difetto la precisione, il dettaglio, ma il senso generale vedrete che vi sarà chiaro e leggibile. Dobbiamo partire da molto tempo fa, quando la nostra penisola, andata a cozzare contro l’Europa e dopo aver provocato l’innalzamento dell’arco alpino, ha continuato a spingere verso nord dando origine ad una seconda arcata più a sud che ha preso il nome di Alloctono Ligure. Questi rilievi, che costituiscono ancora oggi l’Appennino Ligure, si sono allungati in maniera discontinua e meno imponente fino alle Colline Metallifere ed ai suoli della cosiddetta Serie Toscana nei pressi di Piombino. Tutto ciò avvenne in era Cenozoica superiore, tra Miocene e Pliocene, che tradotto in soldoni significa tra venti e due milioni di anni fa. Da quel momento, si fa per dire, su questi suoli hanno iniziato a depositarsi dei sedimenti di diversa origine che hanno a volte sepolto, altre volte rimescolato i suoli liguri che dal livello del mare salgono su colline che si innalzano fino a duecento metri. Ponendoci con le spalle al mare, il paesaggio che possiamo osservare è costituito da un’area collinare dominata dagli affioramenti più antichi dell’Alloctono Ligure e da due distinte superfici più basse, composte prevalentemente da sedimenti del più recente Pleistocene. La superficie superiore posta tra 130 e 35 metri di altitudine, prevalentemente coperta da vigneti, oliveti e qualche bosco, è formata dai Conglomerati di Bolgheri che sono suoli di tipo fluviale, profondamente erosi e modellati prima dell’accumulo delle sabbie rosse della Val di Gori, quindi di origine continentale, e plasmate dai continui venti che soffiavano nel Pleistocene. La superficie inferiore compresa tra 35 e 20 metri di altitudine, per lo più interessata dalla viticoltura ma anche da olivicoltura e seminativi, è costituita da sedimenti misti di origine colluviale, vale a dire formatisi ad opera dei fattori climatici, cataclismi glaciazioni e diluvi compresi, ma anche di origine eolica e dai ristagni di esondazioni. Insieme formano le sabbie di Donoratico dal colore rosso arancio e in alcune zone con abbondante presenza di ciottoli spigolosi o tondeggianti ove sottoposti al continuo dilavamento fluviale. Lungo la fascia costiera l’accumulo di sabbie è continuato fino nel successivo periodo chiamato Olocene, e siamo ormai a meno di un milione di anni fa; l’Homo da Erectus era diventato Sapiens, e i venti e le ordinarie e straordinarie fasi climatiche hanno di continuo formato e spostato dune nei pressi del mare, spianato enormi terrazzamenti, alzato progressivamente cigli e gradoni, mentre è continuata la lenta ma costante erosione delle colline che ha portato a valle anche qualche lente argillosa, fatto riaffiorare qualche formazione di arenarie e marne del Paleocene-Eocene. Parlare, quindi, di suoli di Bolgheri vuol dire esprimere un concetto molto vago, difforme e diversificato, che la recente zonazione ha cercato di descrivere e circoscrivere in numerose Unità di Paesaggio. Ciascuna con le sue caratteristiche specifiche che la renderanno più adatta a determinati vitigni che non ad altri, così che ogni buon viticoltore, dunque, saprà su quali Unità poggiano i suoi vigneti, su quali suoli vorrà lavorare per progettare un vigneto che abbia delle spiccate caratteristiche qualitative ottenute dall’interazione tra vitigno e ambiente, cioè quello che comunemente viene chiamato terroir. Anche gli Allegrini, con Walter in testa, hanno dovuto fare i conti con queste informazioni per sapere cosa bisognava fare, dove bisognava piantare, cosa bisognava allevare per ottenere il massimo risultato. Perché a Poggio al Tesoro tutto è sempre stato orientato al conseguimento della massima qualità. E allora vediamo di capire, vigneto per vigneto, cosa c’è sotto i nostri piedi e cosa ci si doveva far crescere sopra. Il primo nucleo dei terreni di Poggio al Tesoro è costituito dai due vigneti posti ad est della via Bolgherese; il primo più a nord prende il nome dalla strada e il secondo è chiamato Le Grottine. I suoli sono molto simili perché quasi contigui e sono costituiti dalle sabbie rosso arancio di Donoratico con ciottoli del Pleistocene superiore e le sabbie rosse della Val di Gori del Pleistocene medio. Sono i cosiddetti suoli della finezza, dove i vitigni più potenti e muscolosi traggono maggior beneficio poiché alla loro potenza si affianca l’eleganza, il garbo e la finezza. In queste vigne hanno trovato casa, quindi, il Cabernet Sauvignon, il Cabernet Franc ed anche una buona quota di Petit Verdot. Il secondo e più vasto nucleo è costituito da Le Sondraie, che data la sua ragguardevole

RkJQdWJsaXNoZXIy NDMxMQ==