Poggio al Tesoro - 10 Years / 2002 - 2012

1 Atto I / Poggio al Tesoro si presenta

2 Atto I / Poggio al Tesoro si presenta

4 Atto I / Poggio al Tesoro si presenta Atto I Poggio al Tesoro si presenta Scena I Premessa Scena II La scommessa Scena III Il successo Scena IV 10 anni fa Atto II Poggio al Tesoro, la natura e gli elementi Scena I Natura Scena II Terra Scena III Fuoco Scena IV Acqua Scena V Aria Atto III Poggio al Tesoro, i suoi uomini e le sue donne Epilogo Poggio al Tesoro, la locandina 7 7 13 19 27 41 42 46 54 64 72 79 113 Indice

6 7 A Walter Allegrini, vignaiolo.

8 Atto I / Poggio al Tesoro si presenta Atto I - Poggio al Tesoro si presenta Scena I - Premessa

10 Atto I / Poggio al Tesoro si presenta 11 Atto I / Poggio al Tesoro si presenta Che cosa spinge un viticoltore fortemente radicato nel suo territorio, intimamente legato alle sue storiche varietà, avvinghiato agli aromi e sapori che l’hanno accompagnato per tutta la sua vita, a partire da casa per cercare un altro territorio da conoscere, dell’altra terra da coltivare, nuovi vitigni da allevare, nuove uve da vinificare, nuovi gusti da governare per sedurre e farsi sedurre? È un mistero avvolto dalle nebbie più fitte dell’irrazionalità, condito dall’evanescenza dei sogni, dalle segrete ambizioni e dalle ataviche premonizioni; difficile, quindi, da spiegare razionalmente, tanto che neppure noi proveremo a farlo. Quel che faremo anche noi, invece, è lasciarci sedurre dall’irrazionale e dai sogni per raccontarvi questa storia. Cercheremo di raccontarla in un modo talmente romanzato e simulato da diventare più reale della realtà stessa. Già, come se fosse facile descrivere la realtà; come se fosse semplice stabilire cosa è reale e cosa è immaginario, cosa è parziale, cosa è apparente, cosa è finto e cosa è vero. Attraverso quali e quante mediazioni dell’esperienza, della cultura, della sensibilità dell’uomo riusciamo qualche volta ad avere l’impressione di essere finalmente riusciti a trovare la chiave di volta solo per essere poi inaspettatamente ed inopinatamente smentiti da sciocche, insignificanti, volgari, insulse banalità? In pochi attimi tutto crolla, tutto il castello che avevamo costruito minuziosamente cede, implode, si sgretola e non ne rimane nulla. E allora ben vengano l’arbitrio, la finzione, l’invenzione, perché saranno le nostre falsità più vere della cosiddetta realtà. È il teatro, il teatro della vita. Quello di Miguel de Cervantes che nel Don Quijote de la Mancha fa dire a Sancho Panza: “Gli scettri e le corone degli imperatori non sono d’oro ma d’orpello e latta”. Eppure per quei pochi minuti di fronte a noi c’è un vero imperatore con veri scettro e corona, e noi l’ascoltiamo, lo guardiamo e lo percepiamo come un vero sovrano. Anche questa storia sarà forse condita da “orpello e latta”, ma non per questo sarà meno vera, meno sofferta, meno affascinante, meno esaltante di tante storie che pretendono di raccontarci solo la realtà. si chiama poggio al tesoro e compie 10 anni. Poggio al Tesoro si presenta premessa Atto I Scena I Pagina a destra: Il vigneto di Via Bolgherese e, sullo sfondo, l’Eremo di Castiglioncello Pagine successive: Vigneto Le Sondraie e Fossa Camilla

12 Atto I / Poggio al Tesoro si presenta 13 Atto I / Poggio al Tesoro si presenta

14 Atto I / Poggio al Tesoro si presenta Atto I - Poggio al Tesoro si presenta Scena II - La scoperta

16 Atto I / Poggio al Tesoro si presenta 17 Atto I / Poggio al Tesoro si presenta Era la prima settimana di giugno del 2005 e, come ogni anno in quel periodo, mi trovavo nella candida sala degustazioni del Consorzio Bolgheri Doc, allora in coabitazione con le Strade del vino Costa degli Etruschi, a Bolgheri, proprio davanti San Guido, laddove inizia il viale con i cipressi più famosi al mondo. Degustavo contento e sereno i vini di Bolgheri millesimo 2003; prima i Doc poi gli Igt. Superai con grande piacere le tornate dei vini Doc e inizia il percorso degli Igt, prima i più semplici poi i più ricchi e consistenti, fin quando, arrivato ad una tornata di sei bicchieri, sentii che la qualità si era portata al vertice e cominciai ad ipotizzare alcune etichette conosciute e blasonate di queste terre, finché non mi imbattei, stupefatto, nel quarto o quinto bicchiere; ero certo di non conoscere quel vino, non riuscivo a dargli un volto, cioè un’etichetta, una forma, un’immagine. Ma nell’apparente silenzio di una giornata estiva, appena interrotto dal leggero fruscio della brezza, degli insetti svolazzanti e dei motori lontani, con un tono di voce da me stesso inaspettato ed arrotando a dismisura esclamai: superbe!!! Fabio Cartei, il sommelier che mi assisteva, dalla cucinetta cacciò la testa nella sala, sorridente e soddisfatto: conoscendomi bene se l’aspettava una mia reazione. Era il Dedicato a Walter Igt Toscana 2003 di un esordiente Poggio al Tesoro. Sulla Guida Oro I Vini di Veronelli 2006 fu subito sole Poggio al Tesoro si presenta la scoperta Atto I Scena II Pagina a destra: Vigneto Le Sondraie, la quercia secolare dedicata a Walter Pagine successive: Veduta del vigneto Le Grottine con la Chiesa di San Giuseppe

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20 Atto I / Poggio al Tesoro si presenta Atto I - Poggio al Tesoro si presenta Scena III - Il successo

22 Atto I / Poggio al Tesoro si presenta 23 Atto I / Poggio al Tesoro si presenta Quante volte ci è capitato di pensare e ripensare alla prima volta. Alla prima volta di tutte le esperienze che hanno contato nella nostra vita. Mi capita spesso di pensare al passato, ma non solo adesso che sono “cresciuto”; ricordo che lo facevo anche da giovane, non per trarre conclusioni né tantomeno bilanci, quanto piuttosto per ricostruire permanentemente il percorso fatto e verificare che ogni tassello sia sempre al posto giusto. La prima volta che ho sentito dire di Bolgheri, Giosuè Carducci a parte, fu dalle parole di Piermario Meletti Cavallari, ovvero il primo vero oste che abbia conosciuto; il mio primo e vero maestro in campo di vino. Proveniva dal mondo dell’impresa, del marketing e della comunicazione, ma la passione per il vino lo spinse ad aprire a Bergamo Alta la prima moderna enoteca/osteria: “Vino Buono” recitava l’insegna che s’era fatto affrescare dal Geremia, pagandolo a suon di calicetti. Nel 1977 chiuse bottega e disse che sarebbe andato in Toscana a produrre vino; disse che aveva trovato casa a Bolgheri, un posto bellissimo vicino al mare, dove un marchese che allevava cavalli da poco produceva un vino molto buono che si chiamava Sassicaia. Era certo che sarebbe diventato famoso, quel vino, e promise che lo sarebbe diventato anche il suo vino, il Grattamacco. Non si sbagliò. A quei tempi solo Veronelli conosceva Bolgheri ed il Sassicaia; io, squattrinato com’ero, dovetti aspettare gli anni Ottanta per berne una bottiglia con gli amici. La prima volta che ho sentito dire degli Allegrini e dei loro vini di Valpolicella ero già al Seminario veronelli con Francesco Arrigoni. Una mattina, ore 9 in punto, degustazione alla cieca di Amarone della Valpolicella; una ventina di campioni, forse più, di diverse annate. Due su tutti svettarono, diversissimi e quasi opposti: Quintarelli e Allegrini. Il primo tutto dolcezza di confettura, fiori sfatti e macerati dallo stile evolutivo e decadente; il secondo concentrato e maturo il frutto, la viola mammola e i canditi, le spezie dolci e la liquirizia, rigoroso ed integro il suo stile. Ma come si fa a sceglierne uno solo quando sono così buoni entrambi, seppur per ragioni contrastanti? Semplice: mi innamorai di entrambi! Ancora oggi, dopo che gli uni e gli altri hanno fatto scuola alla Valpolicella intera, lo “stile Allegrini” mi è sempre perfettamente riconoscibile, Poggio al Tesoro si presenta il successo Atto I Scena III Pagina a destra: Le piante di ulivo, parte integrante del territorio bolgherese Pagine successive: Il Cabernet Franc di Dedicato a Walter (impianto del 1994)

24 Atto I / Poggio al Tesoro si presenta 25 Atto I / Poggio al Tesoro si presenta

26 Atto I / Poggio al Tesoro si presenta 27 Atto I / Poggio al Tesoro si presenta tanto che lo sento come un ricordo intimo, famigliare, di quelli che non scordi mai; come le cose che si imparano da ragazzini e ti restano dentro per tutta la vita. La prima volta che ho sentito dire che gli Allegrini avevano preso un’azienda in quel di Bolgheri quasi non volevo crederci; mi sembrava così strano che un’azienda fortemente radicata nel suo territorio potesse concedersi delle distrazioni fuori dalla propria Denominazione, fuori dalla propria storia ed appartenenza. Mi sembrava, quindi, già strano e anomalo quel villa giona, un taglio bordolese che s’erano messi a produrre in una tenuta a San Pietro in Cariano, anche se, a dirla tutta, il vino era veramente buono. Il vigneto a quasi diecimila ceppi per ettaro, la produzione per ceppo di poco superiore al mezzo chilo d’uva, barriques prevalentemente nuove: insomma, avevano fatto le cose per bene. Però passare dalla provincia di Verona alla costa degli Etruschi mi pareva un bel salto, anche un po’ azzardato visti i modesti risultati ottenuti dalla maggior parte delle aziende che per una ragione o l’altra migravano in regioni seducenti ma impegnative come la toscana. Le eccezioni ci sono sempre, ma a volte hanno nomi così prestigiosi ed influenti da diventare imbarazzanti. Pagina a sinistra: Le Sondraie: panoramica

28 Atto I / Poggio al Tesoro si presenta Atto I - Poggio al Tesoro si presenta Scena IV - 10 anni fa

30 Atto I / Poggio al Tesoro si presenta 31 Atto I / Poggio al Tesoro si presenta Si, sono passati già dieci anni da quando i fratelli Allegrini, Marilisa, Walter e Franco, iniziarono ad interrogarsi sul loro futuro e su quello della loro azienda; meglio, delle loro aziende, perché a quell’epoca già avevano sperimentato a Villa Giona l’impiego di vitigni adatti ad un esteso mercato internazionale. Nulla che potesse minimamente offuscare lo splendore e l’integrità dei vini di valpolicella, ma era forse il primo segnale che il loro territorio, le loro tradizioni, la loro provincia cominciavano ad andare un poco strette alle loro ambizioni, ai loro sogni, alle loro aspirazioni. E allora ecco che un giorno si fa qualche accenno ad altre terre, un altro si parla di un collega che ha fatto un viaggio, un altro ancora che qualcuno ha assaggiato un vino molto buono. Un’idea tira l’altra ed ecco che piano piano si delinea l’ipotesi che l’azienda di Valpolicella possa essere affiancata da un’altra esperienza in una nuova terra, in un’altra regione. I più caldi sono Marilisa e Walter, perché Franco se ne sta sempre nella sua cantina, accudisce i suoi vini, li ascolta, li coccola e non sente nessun bisogno di diversificare il suo lavoro. Quello che fa gli basta, lo soddisfa. Ma Marilisa e Walter ci tornano spesso sull’argomento e l’inquietudine sale progressivamente e a volte si fa così intensa da togliere il fiato, da lasciare la bocca asciutta. Marilisa è accesa dall’ambizione, vuole mettersi alla prova, vuole tentare di fare qualche cosa di totalmente nuovo ed autonomo rispetto al suo passato ed alla tradizione famigliare. Walter invece ha bisogno di confrontarsi con altre terre, con altre realtà, si sente attratto dal fascino emanato da alcune regioni, alcune denominazioni, alcuni ambienti. Confrontarsi con il mondo intero, aprirsi a nuove suggestioni, nuove sfide da affrontare a cuore aperto. E un bel giorno Marilisa e Walter partono; le vendemmie in Valpolicella sono terminate ed hanno lasciato Franco in cantina ad ascoltare le ultime fermentazioni alcoliche, a controllare che le prime malolattiche partano bene, a dare ogni tanto un’occhiata alle uve in appassimento. Dopo tante discussioni, tante ipotesi, tanti miraggi, sono diretti in Toscana; hanno in mente un nome che a quei tempi sembrava potesse diventare la terra promessa dei vignaioli italiani. Tante altre aziende, tanti altri uomini si stavano già muovendo in quella direzione e gli Allegrini non volevano essere da meno, non volevano perdere questa occasione. Arrivarono a Scansano, a Manciano, fino a Roccalbegna; dalle colline più alte e ripide a quelle più basse e morbide che sentono già la Maremma e il mare Tirreno. Belle le colline, belli anche alcuni vigneti, il paesaggio è ampio e luminoso, persino avvincente, ma la molla non scatta, il fascino non arriva a sedurre nessuno dei due. Assaggiano i vini, i tanti vini di Maremma, dai Morellino di Scansano ai tanti Igt con uve internazionali, Cabernet e Syrah per lo più. Anche qui buoni vini, qualcuno più elegante, altri potenti ma non sempre finissimi. Anche con i vini, buoni, la molla non è scattata, il meccanismo s’è inceppato e non ha prodotto quello che Marilisa e Walter si aspettavano. Non era questo l’Eldorado che avevano immaginato e sognato. Si riparte con un po’ di delusione nello stomaco e la gola che si stringe a scatti. Forza, bisogna reagire: “Cascasse il mondo, ma troveremo quello che cerchiamo e finché non l’avremo trovato non torneremo a casa!” Si risale l’Aurelia, il mare è lì sulla sinistra; poi si allontana per superare il parco della Maremma; poi di nuovo vicino a Follonica e di nuovo si allontana a superare l’istmo di Piombino; ma a San Vincenzo siamo di nuovo sul mare e più avanti le colline a destra si allontanano lasciando spazio anche alla pineta che si prolunga fino a Cecina. Superato il Bambolo all’incrocio per Castagneto Carducci, sulla destra si cominciano a vedere dei vigneti e poco dopo un cartello stradale li frena, d’istinto: bolgheri. Girano l’auto a destra e percorrono il viale, il famoso viale dei cipressi più lungo, più cantato, più fotografato. Quattro chilometri di cipressi, quattro chilometri di saliscendi per capire che questa non è pianura come sembra. Cinque minuti di collo che si allunga, di sguardo indagatore, di leggera ansia che sale al petto, che inquieta fin che si arriva alla porta che introduce nel piccolo abitato di Bolgheri. È tutto un fiorire di enoteche, wine-bar, piccoli ristoranti. C’è molta gente seduta ai tavoli dei locali, molti osservano le bottiglie, altri passeggiano quieti tra le viuzze. Le bottiglie e le casse di legno portano incisi a fuoco nomi di prestigio, quelli che tutti hanno in mente, che tutti hanno sognato di bere, di portarsi a casa. Sta a vedere che la molla è già scattata e Marilisa e Walter non se Poggio al Tesoro si presenta 10 anni fa Atto I Scena IV Pagine successive: Cielo e terra di Valle di Cerbaia

32 Atto I / Poggio al Tesoro si presenta 33 Atto I / Poggio al Tesoro si presenta

34 Atto I / Poggio al Tesoro si presenta 35 Atto I / Poggio al Tesoro si presenta ne sono ancora accorti. Tornano indietro per un chilometro e a sinistra inizia la bolgherese, la via che porta verso Castagneto e che attraversa tutte le vigne di Bolgheri, le più belle vigne di Bolgheri, da Sassicaia, Ornellaia e via via fino a incrociare la strada che sulla sinistra sale a Castagneto e a destra porta al Bambolo. Si sono fatti il giro completo senza accorgersi. Ora si torna indietro per osservare meglio. L’auto rallenta per dar tempo di leggere i cartelli, le indicazioni, i nomi, i vigneti, le case, i cancelli. Ci sono tutti, tutti i nomi importanti, quelli decantati dalle riviste di mezzo mondo, quelli che capeggiano e campeggiano alle aste di Roma, Londra, New York e Los Angeles. Il fiato adesso è davvero corto, l’emozione sale alla nuca, il viso è leggermente arrossato, i palmi delle mani si sono inumiditi, il cuore batte più forte. Si attraversa quella galleria vegetale della strada bolgherese fatta dei rami delle sughere, dei lecci e dei roveri. Si ritorna a Bolgheri per assaggiare qualche vino. “Walter, assaggiamo questo, guarda quello, proviamo anche quell’altro”. “Marilisa, guarda che c’è anche quest’altro, sentiamo anche lui”. Sì, ora la molla è proprio scattata. Non ci sono dubbi. La scelta è fatta, la decisione presa. Si torna a casa di corsa per parlarne con Franco. È il momento più difficile questo; bisogna sentire il commercialista, le banche, l’avvocato e il notaio. Ciascuno dice la sua e dà i suoi consigli: “State attenti di qua…”; “Accertatevi che…”; “Non fidatevi di…”; “Tenete conto che…”; “Aspettatevi di…”; “Controllate che…”; “Mi hanno detto che…”; “Un mio amico ha sentito che...” Si fanno largo i dubbi, i problemi, le difficoltà, le perplessità, le incertezze. Ci si chiede se tutto ciò che si ricorda sia reale o sia solo il frutto dei ricordi alterati dall’eccitazione del momento. E il tempo che non passa più; si vorrebbe essere al di là della siepe, superato l’ostacolo e invece si è ancora lontani dal traguardo, ci si affanna a superare un dubbio e se ne parano davanti sempre di più, sempre più alti, sempre più insormontabili. Pagina a destra: L’arco dei lecci sulla Via Bolgherese

36 Atto I / Poggio al Tesoro si presenta 37 Atto I / Poggio al Tesoro si presenta Basta, basta, via da tutti. Si torna a Bolgheri e si incontra un mediatore; di quelli che hanno fatto comprare e vendere mezza costa tirrenica tra Livorno a Piombino. Case, terreni, aziende, vigne e uliveti. Conosce tutti e sa chi vuol comprare e chi vuole vendere, a quanto si compra e a quanto si vende, sopra e sotto la Bolgherese. Marilisa e Walter lo ascoltano con attenzione. Ci sono un paio di possibilità che vanno indagate più a fondo, poi ce ne sarebbe un’altra ancora più bella ma forse più complicata, che richiede anche una certa dose di tempo e di diplomazia. Per primo si va a vedere un vigneto sulla bolgherese in località Felciaino: sono 7 ettari di terreno con casa colonica e deposito attrezzi: la vigna di 3,5 ettari è molto bella, ben tenuta ed è stata piantata nel 1994 con 9.000 ceppi per ettaro di Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc. Il resto del terreno ospita dei bei filari di ulivi. A 100 metri di distanza vi è un altro appezzamento chiamato le grottine, sempre di 7 ettari, perché questa era la misura dei fondi gestiti a mezzadria fino a 40-50 anni fa. Qui non c’è nessuna costruzione abitativa ma solo una chiesetta semplice e spoglia dedicata a San Giuseppe. Non c’è vigna, ma l’uliveto che dovrà essere conservato delimita i campi che venivano seminati a cereali o ad ortaggi. Su questo terreno sgombro si calcola che possano essere piantati 4,5 ettari di vigna: in tutto farebbero 8 ettari vitati. Non sono molti ma è una buona base di partenza, con il vantaggio che già vi è un vigneto efficiente e produttivo da sfruttare subito. Ma tutto ciò non basta, non è sufficiente a soddisfare la curiosità e le aspettative di Walter, che continua ad avere in mente un progetto più ambizioso, più importante e rilevante. Bisogna cercare ancora. Ed è al quel punto che dal cilindro del mediatore spunta un nome: le sondraie. È una tenuta posta nella parte più settentrionale del comprensorio di Bolgheri. Non è molto grande ma è circondata da numerose piccole proprietà coltivate ad ortaggi. “... Il fiato adesso è davvero corto, l’emozione sale alla nuca, il viso è leggermente arrossato, i palmi delle mani si sono inumiditi, il cuore batte più forte. ...” “... Ci si chiede se tutto ciò che si ricorda sia reale o sia solo il frutto dei ricordi alterati dall’eccitazione del momento. ...”

38 Atto I / Poggio al Tesoro si presenta 39 Atto I / Poggio al Tesoro si presenta Bisognerebbe incontrare questi contadini, uno per uno, e fare loro delle proposte perché una volta raggruppati si potrebbe arrivare ad avere una cinquantina di ettari tutti accorpati. E poco più in là, ormai in comune di Bibbona, si potrebbero avere ancora una decina di ettari di vigne diverse per fare e sperimentare fuori dagli obblighi della Denominazione. Nella testa di Walter comincia a prendere forma un progetto di larghe vedute, ma anche di ampia gravosità, che però non spaventa i fratelli Allegrini perché le loro origini contadine gli hanno insegnato che la terra è un bene stabile, solido, duraturo, sul quale si può investire con fiducia e con certezza. Bisogna solo metterci la testa, le idee e tanta voglia di lavorare per fare progetti ambiziosi e per realizzarli con scrupolo. La macchina si è messa in moto e ormai nessuno può fermarla; nessuna difficoltà, nessun contrattempo, nessun ostacolo riuscirà a metterla in discussione. Seguiranno tutti gli adempimenti burocratici, gli atti notarili simili ad assemblee di quartiere, le analisi dei suoli, i progetti di cantina più volte rivisti, i vigneti piantati, i vini progettati, i materiali selezionati, il personale da assumere, i partner esterni, la rete commerciale, via via fino all’ultimo dettaglio. Alla fine anche Franco sarà pienamente coinvolto nell’impresa e con lui Leonardo Lo Cascio, storico importatore dei vini Allegrini negli States. Sentirsi attorniati da nomi illustri e volerli emulare, confrontarsi con il mito e sfidarlo a singolar tenzone, senza la minima soggezione, ma fieri della propria schietta e impudica esuberanza. Solo una cosa non ha funzionato. Un banale e odioso dettaglio non ha funzionato. Un sublime e atroce particolare non ha funzionato e non ci permette di gioire interamente dell’invenzione di Poggio al Tesoro. La vita ha abbandonato Walter e lui non è riuscito a vedere la realizzazione del suo supremo sogno. a walter è dedicato questo libro, perché di walter è intrisa la terra di poggio al tesoro. Pagina a sinistra: Walter Allegrini Pagine successive: Vigneto e casa colonica di Poggio al Tesoro sulla Via Bolgherese

40 Atto I / Poggio al Tesoro si presenta 41 Atto I / Poggio al Tesoro si presenta

42 Atto II / Poggio al Tesoro, la natura e gli elementi 43 Atto II / Poggio al Tesoro, la natura e gli elementi Atto II - Poggio al Tesoro, la natura e gli elementi

44 Atto II / Poggio al Tesoro, la natura e gli elementi 45 Atto II / Poggio al Tesoro, la natura e gli elementi Avremmo voluto raccontarvi degli elementi della natura così come sono trattati dalla mitologia greca; avremmo voluto raccontarveli nell’ordine di importanza che la mitologia riserva per primo al sole rappresentato da Zeus, poi alla terra impersonata da Era, quindi all’aria espressa da Idoneo, per finire con l’acqua personificata da Nesti; anche se neppure la mitologia è unanime nell’affrontare questi elementi, tanto che i ruoli di Era e Idoneo a volte sono invertiti. Cercherò allora di percorre le quattro tappe secondo un ordine più vicino alla nostra impostazione culturale, così come Luigi Veronelli ce l’ha insegnato: partiremo dalla Terra (sì, la terra, la terra, all’infinito la terra), ritenuta l’elemento principale che meglio sappiamo descrivere perché sempre al centro delle nostre continue ricerche sulle origini dell’identità dei vini, e progressivamente andremo ad occuparci di Fuoco, di Acqua e di Aria. Sempre risoluti nel cercare i dati tecnici e scientifici, ma pronti a subire e a raccogliere le suggestioni dell’arte, della poesia e della cultura. Insomma, a modo nostro. Partiremo dalla Terra... e progressivamente andremo ad occuparci di Fuoco, di Acqua e di Aria Poggio al Tesoro, la natura e gli elementi natura Atto II Scena I EARTH Terra WATER Acqua FIRE Fuoco AIR Aria Atto II Scena II Atto II Scena III Atto II Scena IV Atto II Scena V Pagine successive: Il Merlot del 2003, primo impianto a Poggio al Tesoro

46 Atto II / Poggio al Tesoro, la natura e gli elementi 47 Atto II / Poggio al Tesoro, la natura e gli elementi

48 Atto II / Poggio al Tesoro, la natura e gli elementi 49 Atto II / Poggio al Tesoro, la natura e gli elementi EARTH Terra Quando arrivi a Bolgheri e cominci a percorrere le sue strade più famose, come il tanto cantato Viale dei Cipressi, la fosca e suggestiva strada Bolgherese, ti accorgi subito che questa non è una terra pianeggiante, ma un susseguirsi di gradoni, balze, terrazzamenti e declivi che dai colli posti ad Est scendono gradualmente e dolcemente verso il mare. E se percorrerai con attenzione tutte le sue strade, il colore della sua terra non ti sorprenderà mai perché progressivamente passerà da una sfumatura giallastra a un colore marrone chiarissimo, come il goccio di caffè ha tinto il latte del mattino, per diventare più bruno e poi rossastro e ancora bruno quando ti avvicini alle colline di Castiglioncello. E proprio da qui partì la straordinaria avventura vitivinicola di queste terre che da ordinarie, e quasi malsane agli occhi di molti, nel volgere di pochi decenni sono diventate celebrate, ricercate e ambite. Terra magica, che ha saputo dare senso alle fatiche dell’uomo, che ha ripagato anche abbondantemente gli sforzi degli uomini; terra nella quale si mischiano e fondono suoli remoti e opposti, provenienti dalle terre e dal mare creando una miscela di elementi unica ed irripetibile. In alto: Il suolo ciottoloso e povero de Le Grottine... Pagina a sinistra: ...e quello argilloso a Le Sondraie Atto II Scena II

50 Atto II / Poggio al Tesoro, la natura e gli elementi 51 Atto II / Poggio al Tesoro, la natura e gli elementi Cercheremo ora di descrivere e spiegare questi suoli in funzione della loro origine ma anche dell’uso che ne fa la viticoltura. Lo faremo cercando il più possibile di usare un linguaggio semplice e comprensibile, evitando i tecnicismi dei geologi, che sono bravissimi a descrivere le cose in modo che le capiscano solo loro. Qualche volta potrà fare difetto la precisione, il dettaglio, ma il senso generale vedrete che vi sarà chiaro e leggibile. Dobbiamo partire da molto tempo fa, quando la nostra penisola, andata a cozzare contro l’Europa e dopo aver provocato l’innalzamento dell’arco alpino, ha continuato a spingere verso nord dando origine ad una seconda arcata più a sud che ha preso il nome di Alloctono Ligure. Questi rilievi, che costituiscono ancora oggi l’Appennino Ligure, si sono allungati in maniera discontinua e meno imponente fino alle Colline Metallifere ed ai suoli della cosiddetta Serie Toscana nei pressi di Piombino. Tutto ciò avvenne in era Cenozoica superiore, tra Miocene e Pliocene, che tradotto in soldoni significa tra venti e due milioni di anni fa. Da quel momento, si fa per dire, su questi suoli hanno iniziato a depositarsi dei sedimenti di diversa origine che hanno a volte sepolto, altre volte rimescolato i suoli liguri che dal livello del mare salgono su colline che si innalzano fino a duecento metri. Ponendoci con le spalle al mare, il paesaggio che possiamo osservare è costituito da un’area collinare dominata dagli affioramenti più antichi dell’Alloctono Ligure e da due distinte superfici più basse, composte prevalentemente da sedimenti del più recente Pleistocene. La superficie superiore posta tra 130 e 35 metri di altitudine, prevalentemente coperta da vigneti, oliveti e qualche bosco, è formata dai Conglomerati di Bolgheri che sono suoli di tipo fluviale, profondamente erosi e modellati prima dell’accumulo delle sabbie rosse della Val di Gori, quindi di origine continentale, e plasmate dai continui venti che soffiavano nel Pleistocene. La superficie inferiore compresa tra 35 e 20 metri di altitudine, per lo più interessata dalla viticoltura ma anche da olivicoltura e seminativi, è costituita da sedimenti misti di origine colluviale, vale a dire formatisi ad opera dei fattori climatici, cataclismi glaciazioni e diluvi compresi, ma anche di origine eolica e dai ristagni di esondazioni. Insieme formano le sabbie di Donoratico dal colore rosso arancio e in alcune zone con abbondante presenza di ciottoli spigolosi o tondeggianti ove sottoposti al continuo dilavamento fluviale. Lungo la fascia costiera l’accumulo di sabbie è continuato fino nel successivo periodo chiamato Olocene, e siamo ormai a meno di un milione di anni fa; l’Homo da Erectus era diventato Sapiens, e i venti e le ordinarie e straordinarie fasi climatiche hanno di continuo formato e spostato dune nei pressi del mare, spianato enormi terrazzamenti, alzato progressivamente cigli e gradoni, mentre è continuata la lenta ma costante erosione delle colline che ha portato a valle anche qualche lente argillosa, fatto riaffiorare qualche formazione di arenarie e marne del Paleocene-Eocene. Parlare, quindi, di suoli di Bolgheri vuol dire esprimere un concetto molto vago, difforme e diversificato, che la recente zonazione ha cercato di descrivere e circoscrivere in numerose Unità di Paesaggio. Ciascuna con le sue caratteristiche specifiche che la renderanno più adatta a determinati vitigni che non ad altri, così che ogni buon viticoltore, dunque, saprà su quali Unità poggiano i suoi vigneti, su quali suoli vorrà lavorare per progettare un vigneto che abbia delle spiccate caratteristiche qualitative ottenute dall’interazione tra vitigno e ambiente, cioè quello che comunemente viene chiamato terroir. Anche gli Allegrini, con Walter in testa, hanno dovuto fare i conti con queste informazioni per sapere cosa bisognava fare, dove bisognava piantare, cosa bisognava allevare per ottenere il massimo risultato. Perché a Poggio al Tesoro tutto è sempre stato orientato al conseguimento della massima qualità. E allora vediamo di capire, vigneto per vigneto, cosa c’è sotto i nostri piedi e cosa ci si doveva far crescere sopra. Il primo nucleo dei terreni di Poggio al Tesoro è costituito dai due vigneti posti ad est della via Bolgherese; il primo più a nord prende il nome dalla strada e il secondo è chiamato Le Grottine. I suoli sono molto simili perché quasi contigui e sono costituiti dalle sabbie rosso arancio di Donoratico con ciottoli del Pleistocene superiore e le sabbie rosse della Val di Gori del Pleistocene medio. Sono i cosiddetti suoli della finezza, dove i vitigni più potenti e muscolosi traggono maggior beneficio poiché alla loro potenza si affianca l’eleganza, il garbo e la finezza. In queste vigne hanno trovato casa, quindi, il Cabernet Sauvignon, il Cabernet Franc ed anche una buona quota di Petit Verdot. Il secondo e più vasto nucleo è costituito da Le Sondraie, che data la sua ragguardevole

52 Atto II / Poggio al Tesoro, la natura e gli elementi 53 Atto II / Poggio al Tesoro, la natura e gli elementi estensione non può che avere una maggior variabilità dei suoli; qui, difatti, troviamo nei terreni più a monte i conglomerati di Bolgheri del Pleistocene medio con ciottoli etero metrici e con buona presenza calcarea, anche se non omogeneamente distribuita. Sono suoli molto variegati, a tratti poco drenanti. Nella parte più a valle troviamo ancora le sabbie rosse della Val di Gori con conglomerati in calcareniti sabbiose e con vaste aree di ghiaie e sabbie del Pleistocene medio quando ci si sposta verso la Fossa Camilla, orlato da una fascia boschiva. È evidente che questi suoli hanno diversa vocazionalità proprio in base alla diversa composizione e origine e quindi anche l’impiego viticolo sarà differenziato. E infatti nelle aree più argilloso calcaree trova posto il Merlot, che essendo un vitigno più votato naturalmente all’eleganza trova in questi suoli la forza e la potenza necessari per esprimersi al meglio. Così pure il Syrah ed il Vermentino riescono a caricarsi di aromi e di notevole struttura. I terreni più sabbiosi, come abbiamo visto, sono anche qui destinati ai vitigni potenti come i due Cabernet e anche ad un poco di Petit Verdot. Vi è, però, oltre a questi un terzo nucleo di terreni posti al di fuori del comune di Castagneto Carducci: si tratta del vigneto Valle di Cerbaia, che è in comune di Bibbona ed è posto su due piani altimetrici diversi. La parte più alta è composta da suoli pleistocenici con sabbie fini della Val di Gori del tutto simili a quelli visti precedentemente e che non potevano che ospitare anche loro i due Cabernet, mentre nella parte più bassa, con suoli più freschi e calcarei è stato piantato del Viognier che beneficia di una maggiore escursione termica tra notte e giorno dovuta in parte alla vicinanza di un’area boschiva. Hanno faticato molto gli Allegrini, prima Walter e poi Marilisa e Franco con tutti i tecnici che hanno coinvolto, per dare un senso ed un ordine ai terreni da acquistare e da piantare secondo un ordine estremamente preciso, pertinente e raffinato. Ha faticato molto anche Era per far combaciare tutti questi particolari, così insignificanti se presi uno per uno, ma così determinanti nel loro insieme. Ma questa terra ora va scaldata, va illuminata, va resa viva e gioiosa. E cos’altro ci serve se non il fuoco? Pagina a destra: Le vigne vecchie nella sabbia sciolta di Via Bolgherese Pagine successive: L’impianto di Cabernet Franc del 2005 a Le Grottine

54 Atto II / Poggio al Tesoro, la natura e gli elementi 55 Atto II / Poggio al Tesoro, la natura e gli elementi

56 Atto II / Poggio al Tesoro, la natura e gli elementi 57 Atto II / Poggio al Tesoro, la natura e gli elementi FIRE Fuoco Quando arrivi a Bolgheri il sole ha già fatto sentire il suo potere, la sua forza, la sua energia. Ti aspetta qualche chilometro prima per introdurti progressivamente in questo ambiente così unico e peculiare. È un sistema complesso e complicato da capire perché si tratta di collocare al giusto posto quell’insieme di fattori che solo qui troviamo. Non avremmo voluto parlarvi di sommatorie termiche o indici climatici che riempiono le pagine delle riviste e dei depliant, ma credo che dovremo comunque farlo, anche se ciò che più ci interessa di quel che il sole trasmette a questo angolo di terra non è tanto l’aspetto quantitativo, bensì quello qualitativo. E allora prendiamo subito il toro per le corna e parliamo di indici climatici: l’indice di Winkler, che misura la sommatoria delle temperature medie al di sopra dei 10°C dal primo Aprile fino al 30 Settembre, in sostanza quelle utili al funzionamento fisiologico della vite, e l’indice di Huglin, che misura la sommatoria delle temperature medie a loro volta assommate alle temperature massime, anche’esse al di sopra dei 10°C ma non superiori a 35°C e nello stesso periodo; bene, questi due indici ci dicono che a Bolgheri non vi è nulla di straordinario. Atto II Scena III

58 Atto II / Poggio al Tesoro, la natura e gli elementi 59 Atto II / Poggio al Tesoro, la natura e gli elementi C’è più o meno lo stesso calore che troviamo a Barolo che è a un grado più a Nord, o a Montpellier che è a un grado più a Sud. È però ben più calda di Bordeaux, e questo dato ci interessa molto e più avanti ne faremo un cenno. Nel resto del mondo Bolgheri ha la stessa sommatoria termica di Stellenbosch, in Sudafrica; anch’essa è vicino al mare e, quindi, anche di questo parleremo. Le temperature di Bolgheri ci interessano soprattutto perché ci fanno capire meglio quello che è successo sul finire del secolo scorso e quello che si sta verificando in questi primi anni del nuovo millennio. Nella seconda metà del secolo scorso si è capito che questo clima, caldo senza esuberanze, permetteva un’ottima maturazione ai vitigni provenienti dal bordolese che a quell’epoca furono piantati, Cabernet Sauvignon soprattutto e più marginalmente Cabernet Franc e Merlot, proprio in ragione delle maggiori temperature che Bolgheri poteva vantare su Bordeaux. Con il progressivo aumento delle temperature dovute ai noti problemi di inquinamento generale dell’ambiente, la viticoltura bolgherese comprese che a questo punto era possibile puntare anche su altri vitigni oltre a quelli classici. Ci si rivolse, quindi, con maggior convinzione al Cabernet Franc, che con queste temperature matura meglio perdendo un poco della sua esuberanza vegetale, e persino al Petit Verdot, altro vitigno bordolese che in patria stenta a maturare ma che a Bolgheri sta dando risultati sorprendenti; e poi a due vitigni della Valle del Rodano come il rosso Syrah ed il bianco Viognier, che necessitano delle buone temperature paragonabili e quelle della natia Côte Rôtie. Ma se il calore, le temperature di Bolgheri sono comuni a tanti diversi luoghi, cos’è che a Bolgheri fa produrre vini unici ed inimitabili, se non la luce, quella sua luce così straordinaria? Quando sei a Bolgheri puoi vedere che le linee delle ombre si disegnano nettamente nell’aria e sul terreno come se ci trovassimo trasportati in un quadro metafisico di Giorgio De Chirico con le sue piazze sostituite dalle vigne, i monumenti scambiati con gli alti alberi, i muri rimpiazzati dai filari delle viti. I colori si stagliano nettamente e mantengono una gradazione nitida e tersa, senza sbavature, senza aloni. Così è la luce di Bolgheri, vera e irreale assieme. E la luce per la vigna e tutte le altre piante è l’elemento fondamentale senza il quale non vi sarebbe fotosintesi clorofilliana, cioè quel perpetuo miracolo che trasforma l’energia luminosa in energia chimica. Pagina a sinistra: Pali di testata nel vigneto di Via Bolgherese Pagine successive: La quercia da sughero a Le Sondraie: particolare

60 Atto II / Poggio al Tesoro, la natura e gli elementi 61 Atto II / Poggio al Tesoro, la natura e gli elementi

62 Atto II / Poggio al Tesoro, la natura e gli elementi 63 Atto II / Poggio al Tesoro, la natura e gli elementi La terra di Bolgheri riceve una straordinaria quantità di luce, difficilmente misurabile ma comune solo a pochi ambienti posti nelle vicinanze del mare, perché le sue acque che non stanno mai ferme riflettono continuamente una grande quantità di raggi solari, ne amplificano l’intensità, ne diffondono la brillantezza; e così è per quelle poche località del mondo dove si producono grandi vini, come Bordeaux in Francia, Stellenbosch in Sudafrica, la Napa Valley negli Stati Uniti. Ovunque troviamo una forte luminosità, gli acini d’uva hanno bisogno di difendere la loro vitale clorofilla dagli eccessi luminosi e lo fanno sintetizzando una grande quantità di sostanze chimiche chiamate norisoprenoidi. Questi composti saranno trasformati con la fermentazione e l’affinamento in numerose sostanze dai nomi complessi e quasi impronunciabili, le quali conferiranno ai vini di Bolgheri quelle formidabili note minerali uniche ed esclusive dei grandi vini, molto apprezzate e ricercate dai consumatori di tutto il mondo perché capaci di creare stile, personalità ed eleganza sempre riconoscibili. Quanto ha dovuto lavorare Zeus per creare una situazione straordinaria come questa! Eppure dobbiamo chiamare in causa qualcun altro, perché se vogliamo avere sempre queste quantità e qualità di luce abbiamo bisogno di mare, abbiamo bisogno di acqua. Pagina a destra: Il Petit Verdot de Le Grottine (impianto del 2006) Pagine successive: Natura ed ambiente paesaggistico a Le Sondraie

64 Atto II / Poggio al Tesoro, la natura e gli elementi 65 Atto II / Poggio al Tesoro, la natura e gli elementi

66 Atto II / Poggio al Tesoro, la natura e gli elementi 67 Atto II / Poggio al Tesoro, la natura e gli elementi WATER Acqua Quando arrivi a Bolgheri ti accorgi subito che l’acqua è vicina; e infatti il mare è lì dietro, al di là della pineta che costeggia l’Aurelia e la linea ferrovia. Ne avverti subito la presenza perché il cielo è sempre più azzurro da quella parte, le rare nubi arrivano da lì e gli occhi non trovano ostacoli, interruzioni, ma sempre una luce maggiore e migliore. Il mare, però, non sta lì solo a rendere la luce più forte e nitida, perché è anche un enorme serbatoio che trasmette e regola la temperatura a tutta la costa. D’estate cattura il calore del sole sottraendone un poco alla terra in modo che non ecceda troppo la calura, mentre d’inverno restituisce alla terra un poco di quel calore imprigionato per impedire che essa si raffreddi troppo ed abbiano a soffrirne la flora e la fauna spontanee di questi luoghi, che rendono unici, riconoscibili e sublimi questi paesaggi. Il mare, poi, è capace di influenzare la pioggia che bagnerà la terra di Bolgheri, la sua quantità, la sua intensità ed il periodo nel quale cadrà. Diciamo subito che di pioggia a Bolgheri ne cade poca, meno della metà della media del nostro paese, circa 600 millimetri l’anno di cui il 60% nel periodo invernale e solo il restante 40% nel semestre estivo. Atto II Scena IV

68 Atto II / Poggio al Tesoro, la natura e gli elementi 69 Atto II / Poggio al Tesoro, la natura e gli elementi

70 Atto II / Poggio al Tesoro, la natura e gli elementi 71 Atto II / Poggio al Tesoro, la natura e gli elementi In particolare i giorni piovosi all’anno sono solo un’ottantina di cui 35, pochissimi, nel semestre estivo; semestre che comprende anche una discreta piovosità primaverile, perché se ci limitassimo ai soli tre mesi effettivamente estivi non si arriverebbe a 100 millimetri di pioggia. La maggior parte delle perturbazioni estive che si formano al largo di questo Mar Tirreno, non trovando ostacoli rilevanti, scorrono rapidamente sopra il cielo di Bolgheri e vanno a scaricarsi nell’entroterra toscano. Questi pochi dati ci dicono che con così pochi giorni di nubi si ha una maggior lucentezza e che questa poca pioggia, in virtù dei suoli prevalentemente sabbiosi, penetra rapidamente in profondità senza subire le evaporazioni dei giorni successivi alle piogge; fenomeno che interessa soprattutto gli strati più superficiali del terreno, perché quelli profondi sanno conservare quasi integralmente le risorse idriche accumulate. Ne cade poca di pioggia, ma sarà tutta a disposizione delle viti quando ne avranno bisogno, perché le loro radici in questi terreni penetrano molto facilmente in profondità. La tanta acqua del mare influenza e governa la poca acqua che cade sulla terra, perpetuando favorevolmente il ruolo di Nesti sui vini di Bolgheri. Ma il mare e l’acqua sono capaci di inumidire anche l’aria facendola muovere in continuazione e in ogni direzione. Pagine precedenti: Il Cabernet Sauvignon del 2004, secondo anno di impianto Pagine successive: L’oasi di Bolgheri

72 Atto II / Poggio al Tesoro, la natura e gli elementi 73 Atto II / Poggio al Tesoro, la natura e gli elementi

74 Atto II / Poggio al Tesoro, la natura e gli elementi 75 Atto II / Poggio al Tesoro, la natura e gli elementi AIR Aria Quando arrivi a Bolgheri ti guardi attorno e cominci a sentire che l’aria non è mai immobile; anche nei giorni più quieti hai la sensazione che qualcosa ti avvolga e ti accompagni per le strade, per le vigne, fino all’ingresso delle cantine. L’aria di Bolgheri è sempre in moto perché spinta da diversi motori. Il più importante, perché continuo e instancabile, è il mare con le sue brezze notturne e diurne. Di notte l’aria più fresca delle colline scivolerà verso il fondovalle e si sposterà verso ovest, verso il mare, spianando le onde e lasciando l’acqua immobile e liscia: così troviamo il mare il mattino presto, calmo e piatto. Poi, quando il sole sorge, in poco tempo l’aria di terra si scalderà e si solleverà lasciando spazio alle più fresche correnti marine di dirigersi verso est, verso la terraferma, asciugando la condensa mattutina ma trascinando sempre un po’ di umidità che si condenserà la notte successiva portando sollievo e frescura alle foglie delle viti. Questo gioco di caldo diurno e fresco notturno sarà provvidenziale per la vite perché consentirà alle bacche di accumulare aromi senza vederseli bruciare dalla calura continua ed estrema. Atto II Scena V

76 Atto II / Poggio al Tesoro, la natura e gli elementi 77 Atto II / Poggio al Tesoro, la natura e gli elementi

78 Atto II / Poggio al Tesoro, la natura e gli elementi 79 Atto II / Poggio al Tesoro, la natura e gli elementi Oltre alle brezze locali vi sono quelle generate dalle perturbazioni di origine atlantica o dalle depressioni tirreniche, che danno luogo a venti anche di forte intensità, ma di durata limitata, provenienti da Sud Ovest come il Libeccio, seguiti spesso da opposte correnti da Nord Ovest come il Maestrale. Ma questi venti anche quando di debole intensità, transitano prevalentemente dal cosiddetto corridoio elbano, cioè quel braccio di mare tra i promontori dell’Isola d’Elba e i rilievi delle colline metallifere. Questo corridoio favorisce l’ingresso su Bolgheri dei venti caldi o temperati meridionali e rende più sbrigativo il passaggio delle fredde correnti settentrionali. Ma se poi volessimo considerare interamente l’importanza del corridoio elbano, dovremmo tornare indietro nel periodo pleistocenico, quando per quasi un milione d’anni soffiò un vento meridionale che accumulò a Bolgheri quelle sabbie rosso brune provenienti dal Nord Africa, dai deserti sahariani ai rilievi di Atlante. Queste sabbie portate dal vento su tutta la costa tirrenica si sono disperse nell’entroterra, mentre tutta la sabbia transitata da quel corridoio si è intrappolata e depositata ai piedi delle lunghe colline sopra Bolgheri, creando un ambiente unico e impareggiabile. Anche Idoneo, quindi, si è dato da fare parecchio per modellare la terra di Bolgheri e solo ora, con il vino di queste terre, ci accorgiamo di quanta importanza fu questo eccezionale evento. Ma poi, dopo i quattro elementi della Natura, con o senza le sue divinità, abbiamo bisogno dell’Uomo per trasformare Bolgheri da un bellissimo luogo, ricco di natura, di storia, di arte, di cultura, in un formidabile ambiente capace di generare grandi vini. L’uomo, e in particolare gli uomini di Poggio al Tesoro, però, non ve li racconto io. Saranno loro stessi che si rivelano raccontandosi. Ascoltiamoli. Gigi Brozzoni Pagine precedenti: Aria e luce sulla Via Bolgherese Pagina a destra: La casa colonica di Poggio al Tesoro

80 Atto III / Poggio al Tesoro, i suoi uomini e le sue donne Atto III - Poggio al Tesoro, i suoi uomini e le sue donne

82 Atto III / Poggio al Tesoro, i suoi uomini e le sue donne 83 Atto III / Poggio al Tesoro, i suoi uomini e le sue donne I cipressi che a Bolgheri alti e schietti Van da San Guido in duplice filar, Quasi in corsa giganti giovinetti Mi balzarono incontro e mi guardar. No, non temete; non cederemo ai più scontati stereotipi. Certo, bisogna riconoscerlo, cosa ci sarebbe di più facile ed efficace? Siamo a Bolgheri, citiamo Carducci, i cipressi, il duplice filar ed il gioco è fatto: l’immagine è d’effetto, erudita quanto basta, evoca struggenti poetiche e giovanili reminiscenze nell’animo di chi legge. Eppure no, non si può fare. Non possiamo scadere nella più trita banalità. Quella di Poggio al Tesoro non è e non deve passare per una storia banale, perché è Bolgheri stessa a non essere banale. E allora, se proprio dobbiamo pagare pegno ad un dotto cliché, citiamo pure il Carducci, ma non quello malinconico e nostalgico di Davanti a San Guido, bensì quello, più fresco e battagliero di una decina d’anni prima. A te, de l’essere Principio immenso, Materia e spirito, Ragione e senso; Curioso come le successive strofe di questo gagliardo inno suonino quasi a perfetta descrizione delle peculiarità ambientali che, circa un secolo più tardi, avrebbero fatto di Bolgheri uno dei paradisi della moderna viticoltura: Mentre ne’ calici Il vin scintilla Sì come l’anima Ne la pupilla; Mentre sorridono La terra e il sole E si ricambiano D’amor parole, E corre un fremito D’imene arcano Da’ monti e palpita Fecondo il piano; Al di là di questi versi premonitori, che paiono davvero fotografare con sintetica precisione quel genius loci così ben descritto da Gigi Brozzoni nelle pagine precedenti, questo inno ci sembra, però, particolarmente appropriato per evocare la speciale atmosfera che fin dall’inizio ha presieduto alla creazione del “mito” Bolgheri, quella particolare disposizione che ha animato l’elemento più volubile, ma secondo noi anche più determinante, di qualsiasi terroir d’eccellenza, ovvero l’uomo e le sue determinazioni. È un inno al Progresso, alla Modernità e con essi alla Razionalità che ne è presupposto, eppure, paradossalmente, è forse uno degli scritti più istintivi, viscerali, carichi di Passione che siano usciti dalla penna, per altri tratti un po’ formale ed ingessata, del Carducci. Passione e Ragione, dunque; le stesse che hanno spronato il marchese Mario Incisa della Rocchetta quando, col suo Sassicaia, “inventò” letteralmente il terroir di Bolgheri, ne scoprì e riconobbe Poggio al Tesoro, i suoi uomini e le sue donne Atto III Pagine precedenti: Marilisa, Silvia e Franco Allegrini Pagine successive: Il Viale dei Cipressi

84 Atto III / Poggio al Tesoro, i suoi uomini e le sue donne 85 Atto III / Poggio al Tesoro, i suoi uomini e le sue donne

86 Atto III / Poggio al Tesoro, i suoi uomini e le sue donne 87 Atto III / Poggio al Tesoro, i suoi uomini e le sue donne i nessi, i legami, le affinità nascoste e fino ad allora solo potenziali, iniziando una tradizione di modernità, sperimentazione, capacità visionaria e fantasia. Dieci anni orsono anche gli Allegrini si sono lanciati, senza timore di volteggiare liberi da ortodossie e preconcetti per inventarsi, con Passione e Ragione, una nuova e originale interpretazione del territorio. Famiglia storica ed importante per il vino di Valpolicella, gli Allegrini si sono mossi in cerca di nuovi territori ispirati proprio da queste premesse. «L’idea di lanciarci in un’avventura fuori dalla Valpolicella – racconta Marilisa – è nata dalla volontà di trovare una zona che rappresentasse per noi una sfida. La Valpolicella è un’area storica, che ha una tradizione solida e radicata. Non volevamo andare in un territorio dotato di altrettanta tradizione, sia per non rischiare di interferire o di disturbare degli equilibri ormai stabiliti, sia per non farci condizionare nei nostri propositi e sensazioni. Bolgheri rappresenta, in questo senso, un giusto compromesso, perché è una zona di eccellenza affermata e quindi risponde alle nostre esigenze qualitative, ma non possiede una storia viticola tanto antica da non consentirci di operare in piena libertà, permettendoci di adattare la nostra esperienza in modo originale alle magnifiche caratteristiche del territorio, così da esprimervi qualcosa di nuovo e distintivo. In Valpolicella ci siamo trovati un’azienda ed una tradizione familiare già costituite e consolidate; a Bolgheri, invece, c’era tutto da costruire, i terreni da trovare, i nomi da scegliere, le varietà da selezionare per gli impianti; c’era persino da comprendere quale tipo di vino produrre dato quel particolare contesto ambientale, quale filosofia produttiva adottare. La parte creativa del progetto per me è stata davvero lo stimolo più forte. Bolgheri, d’altra parte, richiama in pieno il nostro stile aziendale, rivolto alla produzione di vini di prestigio e di territorio. L’uso di vitigni internazionali non è un ostacolo a questa ambizione, perché in quest’angolo di Maremma assumono una personalità unica, non riproducibile altrove; un vero e proprio “stile Bolgheri” fatto di raffinata eleganza». Fu Walter Allegrini – insieme a Marilisa vero artefice ed ispiratore del progetto Poggio al Tesoro, anche se, purtroppo, non ha avuto il tempo di veder realizzate in pieno le sue aspirazioni – il primo ad intuire le grandi potenzialità che Bolgheri offriva ai propositi della sua famiglia, rendendosi conto dell’eccezionale peculiarità del luogo, che si traduceva in vini completamente diversi persino da quelli prodotti nelle aree immediatamente circostanti. Sua figlia Silvia ne rievoca per noi lo slancio e la Passione: «Mio padre era un uomo estremamente genuino, comunicava più per empatia che attraverso le parole. Aveva un’incredibile capacità di trasmettere la sua passione più profonda, ovvero quella per la terra; una passione che si manifestava non solo nel suo lavoro, ma in tutto ciò che più amava fare nella vita, che in qualche modo si ricollegava sempre alla terra, al paesaggio, alla natura. Fin dai primi sopralluoghi a Bolgheri, fu subito evidente come nutrisse per quel luogo un entusiasmo che non gli avevo forse mai visto di fronte ad altre imprese. Voleva immergersi in quelle terre, conoscerle a fondo: per lui significava la scoperta di un nuovo mondo, non solo viticolo, ma ancor più sotto il profilo paesaggistico, ambientale, persino culturale. Ricordo che, dopo solo poche visite, praticamente conosceva già tutti e tutto in paese». In alto: Marilisa Allegrini In alto: Silvia Allegrini

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